cap 33

L’amico Giovanni Scala, storico di Praiano, ci disse che nel soffitto a volta di una delle stanze del pian terreno di Casa Gallo di Praiano lui aveva visto affrescato lo stemma di famiglia, il quale anzi nel corso di alcuni recenti lavori di pulitura del fabbricato aveva subìto una sorta di restauro. Fortemente incuriositi dalla notizia, a maggio del 2010, mia moglie ed io cercammo di contattare l’inquilina dei locali che ospitavano l’affresco, tale Paola Fusco, nipote della proprietaria signora Fausta Bartolone, quest’ultima residente ad Afragola. Non trovai il numero di telefono di Paola, ma riuscii a mettermi in contatto con un’altra sua zia, una certa Concettina, sorella di Fausta e residente a Praiano. Comunicare e spiegare come mi chiamavo e quali erano le mie candide intenzioni, cioè di voler solo visitare la casa e visionare lo stemma, si rivelò un’impresa proibitiva. Forse allarmata dal sospetto che io volessi rivendicare in parte o in tutto la proprietà della casa e riprendermela, Concettina fece il muro di gomma: «No, quella Paola non g’è. Sta fuoori, col marito, sta londano. Fausta, ma Fausta chi? Mia sorella? No, quella nemmeno c’è. La casa? La casa era di mia nonna, voi che c’entrate? Eppoi Fausta la casa l’ha data a Paola, quindi non si può vedere! Arrivederci!». A quel punto aggirai la situazione e mandai da Paola un’emissaria per me fidata che parlava la loro stessa lingua. Alla fine mia moglie e io fummo ammessi a visitare Casa Gallo.
Entrammo emozionati. Speravo di incontrare qualche fantasma, che so io, per esempio il fantasma di Nofrio. Una volta una donna di Napoli, incuriosita dalle mie ricerche, con tono competente e affettuoso mi disse: «po esse ca truvate ‘o munaciell ‘e ‘nu parent vuost» («Può darsi che troviate il fantasma di un vostro parente»). Invece niente di niente.
Sul soffitto della camera da letto a pian terreno guardammo con attenzione e con un certo fastidio lo stemma con il gallo sul monte a tre pizzi [33.1]. Il fastidio ci derivò dal fatto che lo stemma era stato pessimamente restaurato non molto tempo prima. I colori erano a dir poco pacchiani. L’azzurro dello sfondo era color mobili da cucina anni cinquanta del Novecento. Il gallo era privo di plasticità. La cresta era color mattone [33.2]. E così via. Pare che il restauro fosse stato affidato allo stesso imbianchino incaricato di tinteggiare la casa. Equivaleva a un insulto di una gravità pari all’asporto dello stemma sul portone di casa e alla volgarità della mattonella all’ingresso.
Al di là della mortificazione del restauro, c’erano molte cose interessanti: il gallo aveva il corpo rivolto (per chi guarda) a destra, la testa invece era verso sinistra, esattamente come quello dello stemma del marchese di Castrovillari; però era ardito, con la zampa sinistra sollevata, e aveva un rametto nel becco. Il rametto nel becco, già sappiamo, alludeva al ruolo di vigilanza cristiana svolto dalla famiglia. Questo ruolo derivava sia dalla tradizione molto cattolica di tutta la famiglia, a partire dal Cinquecento all’epoca del parroco don Fabrizio, sia da un rinvigorimento della fede per esser Vincenza moglie di Nofrio scampata alla peste in piena gravidanza. Il colore azzurro del campo, secondo le regole del codice cromatico dell’araldica, esprimeva nobiltà, fortezza, vigilanza, vittoria, perseveranza, ricchezza. Il gallo era sormontato da tre stelle. Nofrio e Vincenza per la verità ebbero quattro figli maschi, non tre, ma evidentemente lo stemma fu dipinto quando in vita ne erano rimasti tre: Giuseppe, Thoma e uno tra Matteo Gaetano e Francesco.
Negli spessi muri perimetrali esistevano ancora le nicchie in cui Nofrio e Vincenza la sera, dopo il tramonto, mettevano le lampade. La luce, flebile, arrivava a stento al centro delle stanze. Lo spessore dei muri assicurava un buon riparo dal caldo d’estate e dal freddo d’inverno.
La scala interna tra il pian terreno e il primo piano fu costruita nel Novecento e, per ottenere un piccolo pianerottolo intermedio, comportò la realizzazione di un solaio un metro circa al di sotto della sommità della volta della camera sita al pian terreno, attigua a quella con lo stemma affrescato. Con la conseguenza che nello spazio tra il solaio e la volta fu ricavato un ripostiglio.
Nella nostra visita arguimmo che in tutta Casa Gallo esistessero una latrina al piano interrato e un piccolo bagno costruito abusivamente nel Novecento sul terrazzo del primo piano. Dunque, in origine nel Seicento a mala pena esisteva la latrina. Se così era, si trattava di un lusso a quei tempi, quando invece i bisogni corporali si era soliti andare a soddisfarli nei campi.

About Riccardo Gallo
Riccardo Gallo (Roma, 23 settembre 1943) è un ingegnere, economista e docente italiano. Professore alla Sapienza, ha svolto compiti di risanamento del sistema produttivo italiano in ambiti governativi, finanziari, aziendali, riversando e incrociando le competenze acquisite. È stato definito il bastian contrario sia del management pubblico che del privatismo arrogante, estremista di centro. Ha collaborato con Il Sole 24 Ore. Oggi è opinionista de L’Espresso.
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