cap 104

Nella primavera 1907, Maria Grazia coniugata Nacciarone aveva già avuto tre figli (Gino nato nel 1900, Sara 1904, Laura 1906) e stava nascendo la quarta (Olga novembre 1907). Alberto coniugato con Romilda De Martino aveva avuto sei figli (Maria, Clara, Anna e Michele morti presto, Ada, Giuseppe nel 1907). Enrico (ventinovenne) e Angelina avevano avuto tre bambine (Giulia 1904, stesso anno in cui a settembre nacque il principe Umberto di Savoia, e poi le gemelle Adriana e Maria 1906) [104.1].
Alla nascita delle gemelle si erano incrinati i solidissimi rapporti tra Angelina e Giulio Mola, che pure fu testimone al loro battesimo. Sappiamo bene che Angelina faceva forti sacrifici economici, come non li aveva immaginati da ragazza. Quando nacquero Adriana e Maria, Angelina sognò cinque numeri. Siccome a Napoli tutti giocano al lotto, ancora oggi, Angelina chiese a Giulio di andarli a giocare per suo conto. Giulio li giocò solo per sé, oltretutto (disse, ma chissà) sbagliandone alcuni. I numeri invece uscirono tutti, una cinquina ricchissima. Angelina non incassò una vincita stratosferica che le avrebbe cambiato la vita. I rapporti tra sorella e fratello rimasero gelidi per una ventina d’anni. La trascuratezza di Giulio fu sintomo di arroganza, o di egoismo, o di scarsa attenzione nei confronti di una sorella che stava su un livello economico inferiore al suo. In ogni caso, un brutto segno. Angelina ebbe mille ragioni per sentirsi tradita dal fratello.
Dopo un anno e mezzo, nell’estate del 1907, Enrico e Angelina persero tutte le loro tre figliolette. La loro vita fu distrutta. Ripeto, le tre bambine scomparvero. Furono spazzate via da questo mondo infame nel giro di appena due settimane. Sabbie mobili inghiottirono una giovane famiglia. Una febbre tifoidea riportò al Signore tre piccole pecorelle innocenti.
Cominciò a star male Maria. Aveva un anno e quattro mesi. A inizio luglio le vennero forti dolori al pancino, febbre e fiacca. Ogni tanto sveniva. La febbre salì, poi scese poco, risalì forte, ridiscese poco, risalì di nuovo forte fino a 40 gradi. Dal 10 luglio e per una settimana intera la febbre restò ferma a 40 gradi. Le sorelline le facevano compagnia, giocandoci sul lettino. Angelina non sapeva chi santo pregare. La terza settimana la febbre scese con lo stesso “profilo a sega” con cui era salita. Sembrò che la malattia stesse passando. Faceva caldo in tutta Napoli, ma a S. Maria Antesaecula non si respirava proprio. Il medico accorso constatò vasocostrizione, ischemia e necrosi. Diagnosticò “tifo o febbre tifoide, malattia infettiva sistemica, febbrile, a trasmissione oro-fecale provocata da un batterio del genere Salmonella”, chiamato così perché il bacillo lo aveva individuato nel 1885 lo scienziato Daniel Salmon insieme al collega Theobald Smith. Disse che era una malattia diffusa nei paesi a basse condizioni igienico-sanitarie; il contagio era interumano per via oro-fecale. Non esistevano cure.
Per Angelina ed Enrico fu un colpo dolorosissimo. Si trasformò in vera tragedia perché, quando fu pronunciata questa diagnosi, i sintomi vennero anche a Giulia di tre anni e a Adriana, l’altra gemella, che avevano giocato con Giulia durante l’incubazione. Il 30 luglio Maria morì [104.2], il 12 agosto Giulia [104.3][104.4], il 14 Adriana [104.5][104.6].
Nel 1907 a Napoli e in Campania furono 509 le vittime di quella febbre [104.7], 1,6 casi ogni diecimila abitanti, di cui (media nazionale) più di un terzo tra luglio e settembre, per l’11,6% di età tra uno e quattro anni. Per diffusione e incidenza, il 1907 fu un anno non peggiore dei precedenti e non migliore dei successivi, fino all’invenzione degli antibiotici.
L’intera nazione prese piena coscienza che la decadenza di Napoli era molto forte non solo rispetto alle maggiori città italiane, ma anche rispetto ai centri fino a quel momento minori del Mezzogiorno. Nitti precisò che vi era una “questione napoletana” come problema ancor più grave e a sé stante rispetto alla “questione meridionale”. Le condizioni igieniche di Napoli gareggiavano in negativo con le città del nord Africa, con quelle di Tripolitania e Cirenaica che l’Italia (ancorché membro della Triplice Alleanza con Germania e Austria-Ungheria) fu libera di colonizzare grazie a un accordo diplomatico in quegli stessi mesi segretamente raggiunto con la Francia, che a sua volta fu libera di colonizzare il Marocco.
Due mesi prima di quella tragedia, Angelina ed Enrico avevano messo in cantiere una nuova gravidanza. Angelina l’aveva accettata per amore di Enrico e per remissività, non perché ne fosse tanto convinta. Enrico non conosceva la storia della sua famiglia, non sapeva che il mese di agosto 1907 sarebbe stato simile, anzi molto peggiore di quello vissuto da Nofrio e Vincenza 250 anni prima a Praiano ai tempi della peste. Il giorno di ferragosto Enrico, più ancora di Angelina, pensò seriamente al suicidio; non lo fece solo perché Angelina era di nuovo incinta. Raffaela assisteva composta, rivivendo il trauma da lei sofferto in prima persona quando tra il 1867 e il 1875 morirono Francesca Saveria, Lucia e Adele. La sequenza temporale questa volta però fu tale da non lasciare tempo ché il dolore straziante si placasse, fu devastante, al di là di ogni umana sopportazione per una coppia appena formatasi.
Il 9 gennaio 1908 a S. Maria Antesaecula nacque un maschio, Corrado [104.8][104.9][104.10], mio padre. La vita ricominciò, tra tremiti di paura, preghiere e lumini accessi alla Madonna e a San Giuseppe.
La perizia su una firma senile di Enrico [104.11], risalente al 1949, a 71 anni, segnala «un enorme cambiamento: mette prima il cognome del nome, la G del cognome diviene una pinza che raccoglie, sintomo di ricettività; si chiude nella famiglia, torna con i pensieri al passato, il paraffo spasmodico avvolge e taglia la firma, con grande ritorno a sinistra, sintomo di un’affettività con tendenza a colpevolizzarsi. Si fa debole la voglia di assumersi responsabilità e di avere problemi da affrontare. Ansia, diffidenza, bisogno degli altri. Aspetti depressivi». Incredibile come la grafologa abbia colto nel segno senza sapere nulla delle vicende della vita.
Fisicamente, Enrico era un gran bell’uomo, non meno di suo fratello Alberto, come si vede in alcune sue foto del 1933 a 55 anni [104.12], del 1940 a 62 anni [104.13], del 1947 a 69 anni [104.14].

About Riccardo Gallo
Riccardo Gallo (Roma, 23 settembre 1943) è un ingegnere, economista e docente italiano. Professore alla Sapienza, ha svolto compiti di risanamento del sistema produttivo italiano in ambiti governativi, finanziari, aziendali, riversando e incrociando le competenze acquisite. È stato definito il bastian contrario sia del management pubblico che del privatismo arrogante, estremista di centro. Ha collaborato con Il Sole 24 Ore. Oggi è opinionista de L’Espresso.
View all posts by Riccardo Gallo