Quando viene meno il collante che tiene insieme un aggregato, tutto si sgretola. Nel casamento di S. Maria Antesaecula 112, indebolitasi la gioia di vivere dei Gallo, il ciclo di amicizie e imparentamenti terminò. Anzi dopo i primi dieci anni del Novecento si verificò una vera e propria diaspora.
Giulio Mola, imbarazzato, mortificato, addolorato, ripudiato come fratello dalla sfortunata sorella Angelina, si trasferì in via Quercia 22, all’inizio di via Toledo, poco distante da piazza Dante; sposò Dolores ed ebbe due figli, Guido e Laura.
Maria Grazia e il marito Nacciarone andarono in direzione opposta, in via S. Maria del Pozzo 21, verso l’Orto Botanico.
Alberto Gallo e la moglie Romilda ad aprile del 1910 ebbero un’altra figlia, Immacolatina [105.1], e poi si trasferirono a Capodichino. Lì Alberto morì [105.2] il 15 marzo 1913, alle 11 e mezza del mattino, a 42 anni non ancora compiuti. Lasciò la moglie Romilda trentacinquenne e cinque figlioletti. Romilda era di famiglia benestante, fece sacrifici immensi e portò avanti la famiglia. Eroica.
Enrico e Angelina ebbero un’ennesima sfortuna: Renato, nato [105.3] a fine maggio 1910, quindi poco dopo la nascita di Immacolatina di Alberto, morì [105.4] a un anno e due mesi. Enrico e Angelina fuggirono dal casamento ritenuto da lei maledetto, comprarono il secondo piano di un immobile in via Francesco Saverio Correra 191, detta Cavone di Piazza Dante. Era composto da otto vani e accessori, che loro separarono in due unità da quattro vani e accessori ciascuna, delle quali una la tennero per sé e l’altra l’affittarono. Comprarono anche un vano e accessorio al terzo piano. Prima di entrare nella nuova abitazione, la fecero benedire. La vecchia Raffaela li seguì, come un’ombra. Nel 1912, il 20 settembre, nacque Bianca [105.5]. Fu la sesta gravidanza per la gracile e tanto provata Angelina. Ultima e pure sfortunata fu la settima gravidanza, con Pia [105.6] morta [105.7] nel 1918 a dieci mesi. Quando la concepì, Angelina aveva appena compiuto ben 44 anni. La generazione di Maria Grazia, Alberto ed Enrico si assestò [105.8].
L’attenzione in famiglia verso le questioni nazionali, in particolare sul dibattito se restare neutrali o intervenire alla guerra mondiale scoppiata nel 1915, rimase su livelli minimi. Non c’erano uomini in età di militare, non c’era il rischio che qualche maschio partisse, non restava che assistere in silenzio e di nascosto, cercando di fronteggiare gli ulteriori sacrifici che ne derivavano. Pioveva sul bagnato. Gli stenti aumentarono. La ricchezza di Crescenzo e Michelangelo era pressoché sconosciuta.
Nel 1914 Maria Grazia ed Enrico vendettero [105.9] a Gaetano Quintavalle per diecimila lire: l’appartamento al terzo piano di S. Maria Antesaecula, ereditato da zia Giuseppa, una stanza al quarto piano, il secondo basso a destra nel cortile, un sottoscala. Con il ricavato Enrico tra l’altro rimborsò il debito a Filosa.
Nel primo dopoguerra, nel 1920, Enrico, la sorella Maria Grazia, rimasta intanto vedova e trasferitasi al numero 81 del Cavone, e l’inossidabile Raffaela in qualità di usufruttuaria, vendettero [105.10] per cinquemila lire a Francesco del Bono le due stanzette sul lastrico, un basso e un sottoscala in S. Maria Antesaecula. Così furono vendute le ultime proprietà del prestigioso e maledetto casamento. Tre anni dopo, il 23 marzo 1923, Raffaela [105.11] tirò le cuoia, alla età (veneranda per l’epoca) di ottantasei anni. Maria Grazia restò invece proprietaria del «quartino a destra tra il secondo e il terzo piano nobile del Casamento in Napoli alla Via Santa Maria Antesaecula 112» donatole dallo zio Pasquale. Maria Grazia lo lasciò in eredità ai suoi tre figli (Gino, Sara, Olga). Negli anni Cinquanta del Novecento, Gino e Olga lo donarono a Sara quando questa, giunta nubile in età avanzata, sposò un vecchio dentista vedovo abitante a Roma. Questo vecchio signore dispose a suo piacimento del quartino e lo vendette senza scrupoli, senza alcun ricordo né rispetto per la storia travagliata dei Gallo-Nacciarone.
La famiglia Gallo del casamento di S. Maria Antesaecula non parlò più. Quando nel 1956 mio padre Corrado mi portò a vedere lo stemma, Angelina era scomparsa da tre anni ed Enrico aveva blandito i dolori. Con i due figli Corrado e Bianca, continuarono a frequentare i cugini Mola, soprattutto i figli di Giovanni (altro fratello di Angelina, meno brillante ma meno arrogante di Giulio), cioè Armando, Oscar, Gilda, Esterina, Olga. Quest’ultima fece (non so se di fatto o di diritto) la direttrice del primo e più famoso negozio di cioccolatini di Gay-Odin, quello in via Toledo 427.
Continuarono a frequentare i Nacciarone, divenuti loro vicini di casa al Cavone. Con questi cugini e con alcune famiglie amiche nel palazzo in cui abitavano, trascorrevano giornate e serate ricche di cultura e allegria. Una sorta di locandina dattiloscritta [105.12] rivela che la sera di sabato 1° giugno 1927 si tennero a casa Gallo un concerto, una commedia teatrale, altri canti con (addirittura, segno di modernità) l’intervento di una più o meno improvvisata jazz band. Persero invece le tracce dei figli di Alberto e, per il momento, delle cugine Masillo, non solo del ramo discendente da Francesca coniugata Vitale, quanto di quello di Giovanni, in particolare di Rosa e Marietta. Persero di vista anche i cugini figli di Pietro Gallo, l’ingegnere architetto, e di Concetta Gaudiosi. Vittoria sposò l’ing. Adolfo Zecca. Goffredo aveva sposato Maria Terrano. Goffredo morì [105.13] nel 1935, a 59 anni, ma chissà se Enrico lo sapesse; si era sposato tardi, a 49 anni, e morì presto; la sua vita coniugale durò appena dieci anni; non ebbero figli. Sappiamo inoltre che altri tre figli di Pietro (GianBattista, Ester, Giselda [105.14]) morirono da piccoli; invece Ginevra sposò Condò; Elvira [105.15] morì nel fiore della gioventù, a 22 anni; Costanza rimase nubile. Di Clotilde non ho altre notizie.
Giuseppe, il figlio di Alberto, sposò Michelina Gambacorta [105.16][105.17], visse a lungo ad Ariano Irpino, luogo di nascita della moglie, ed ebbe tre figlie [105.18]: Albertina (1943) che sposerà Riccardo di Sangro, Romilda (1945) che sposerà Tullio Vinci, Giovanna Antida (1951) che sposerà Roberto Esposito. Giuseppe morirà nel 1996.
Corrado a diciotto anni, nel 1926, si ammalò di tifo. Angelina ed Enrico ripiombarono nell’incubo da cui non erano mai usciti del tutto. Questa volta andò bene, la medicina aveva fatto progressi. Pur debole, pur vivendo sotto una campana di vetro, dopo aver perso per malattia un anno scolastico, Corrado nel 1928 si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza [105.19], si laureò in quattro anni, fu Uditore di Pretura nel 1933-34, per la gioia di Angelina che ci vide un segno di riconquista dell’originario rango legale dei Mola. Enrico non provò un analogo sentimento, né pensava a zio Pasquale perché se lo ricordava solo da pensionato.
Corrado era magro, non bello, salottiero brillante, spiritoso, mai sopra le righe, mai, gentiluomo, protagonista e animatore di una folta comitiva [105.20] di cugini, cugine, amici, amiche. Non era mordace come Enrico, aveva il carattere di Angelina. Le ragazze, carine o meno, vestendo alla moda dell’epoca, avevano una loro elegante sensualità, come appaiono nelle foto in bianco e nero che Corrado faceva con una macchina fotografica 2C Kodak Junior avuta in dono. “Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto” fu lo slogan con il quale George Eastman, fondatore della Kodak, promosse nel 1888 la prima fotocamera destinata ad essere usata anche da non professionisti.
Enrico e Angelina erano sempre presenti. Nel 1948 lui era diventato un gran bel vecchio signore [105.21], capelli e baffi all’insù presto imbiancati, vestiva in doppio petto, baveri a lancia, anche nelle vacanze preferite, sulla spiaggia di Casamicciola a Ischia, dove indossava sempre un canapone color spago, cioè un abito in canapa grossa di pregio non molto elevato. Non vestiva mai “casual”. Lei portava vestiti semplici, grigio-azzurri, con fiorellini chiari, piccoli.
Nel 1931, la cugina Laura Nacciarone, venticinquenne bellissima di cui tutti i giovani della comitiva erano innamorati, fu uccisa a rivoltellate da uno spasimante rifiutato, a sua volta suicida. Il fatto avvenne in un appartamento al Cavone al piano di sotto a quello dei Gallo, dove l’innamorato attirò Laura in un tranello con la complicità della proprietaria dell’appartamento. Ci fu una litigata con urla che risuonavano alte, conclusa dalla sparatoria. La madre Maria Grazia invano batté i pugni sull’uscio, implorando di aprire. Corrado, universitario, entrò per primo e rinvenne i corpi caldi riversi sul pavimento. Non dimenticò mai.
Angelina tirò un respiro di sollievo quando, nel 1935, in un incontro con i Masillo discendenti da Giovanni, Corrado s’innamorò della giovanissima Lucia [105.22], nata nel 1918, ultima figlia di Gilda (figlia di Marietta) e di Eugenio Marinella, dal 1913 stilista di cravatte e abbigliamento maschile di lusso alla Riviera di Chiaia. Angelina ne fu felice per l’affidabilità della famiglia, l’agiatezza dei Marinella, l’avvenenza ma soprattutto, cosa ben più importante, la buona salute della ragazza, sicuro approdo per il giovanetto che ancora portava i segni del tifo. Angelina glielo affidò.
In un fittissimo corteggiamento epistolare con Lucia, Corrado mise a profitto tutte le sue doti di raffinato e composto adulatore, nutrito di studi classici, per far breccia nel cuore di una fanciulla ben più avvenente di lui, di viva intelligenza, ma a digiuno di parole tanto forbite e accattivanti. Amore fu, per l’eternità.