Un nucleo dei Gallo, distinto da tutti i precedenti, viveva nel Medioevo ad Agerola, ai piedi di Monte S. Angelo a Tre Pizzi, in una località non a caso detta fino al Novecento Li Galli. Questa costituiva la periferia nord di Memoranum, oggi Bomerano, a ovest del casale Pianillo, collegata attraverso il Valico di Capo Muro con Campo de’ Galli, pendio coltivabile situato a 900 metri di quota sul versante sud-ovest del monte. Come spiegò Aldo Cinque, geomorfologo dell’Università Federico II di Napoli e residente ad Agerola, “Li Galli” nacque da espressioni del tipo “ad loco de illi Galli”, per poi ridursi a un più sintetico Alli Galli. Il Li iniziale andò perdendosi, per sopravvivere solo nel parlato dialettale come un ’E anteposto al cognome (‘e Ialle < Li Galli, con vocale finale neutralizzata, così che il plurale traspare solo dall’anteposto articolo, che per il singolare sarebbe invece ‘o). Il sito era cresciuto attorno a un’antica mulattiera che andava verso nord al valico di Crocella, per poi discendere verso Stabia nel golfo di Napoli e, sull’altro versante, verso sud a Bomerano e giù giù a Praiano da un lato e a Positano dall’altro.
Verso la fine del Mille e l’inizio del Mille Cento, in piena Repubblica Marinara, quando l’attività mercantile di Amalfi raggiunse tutti i porti del Mediterraneo e la crescita economica della costa amalfitana divenne enormemente superiore a quella del versante sorrentino, un ramo dei Gallo di Agerola comprese che il business davvero redditizio non sarebbe più venuto dal latte, né dal commercio tra la penisola sorrentina e la costa amalfitana lungo la via di valico di Crocella, quanto piuttosto dall’accesso al mare delle sottostanti località di Praiano e Vettica Maggiore. Forse per questa ragione, quel ramo dei Gallo scese a Praiano, seguendo la cosiddetta via pubblica di collegamento.
Una pergamena del Codice Perris del 1138, trascritta nel Quattrocento e ripubblicata nel 1985 da Mazzoleni e Orefice [19.1], conteneva un riferimento chiarissimo a una componente femminile della famiglia, che per questa ragione recava il cognome nella forma latina «Galla». La pergamena diceva che questa signora Gallo era stata proprietaria di beni terrieri presso la via pubblica che collegava Agerola con la chiesa di S. Luca di Praiano e poi continuava a scendere verso Vettica Maggiore. Nel 1123 la chiesa di S. Luca esisteva già. Dire che Galla era stata proprietaria significava che lo era stata un po’ di tempo prima, forse qualche decennio prima, a cavallo tra il Mille e il Mille Cento.
La «via puplica» [pubblica] era quella oggi denominata turisticamente “Sentiero degli dei”. Già nel Medioevo era antichissima, visto che furono trovate tracce dell’Età del Bronzo e necropoli dell’Età del Ferro, come ha ricordato Aldo Cinque nella Carta della Viabilità Medievale.
Mazzoleni e Orefice erano due funzionari dell’Archivio di Stato di Napoli. Curarono la pubblicazione delle pergamene trascritte nel Quattrocento e tuttora custodite nell’Archivio. Le pergamene originarie medioevali sono invece andate perdute. Verso Mazzoleni e Orefice nutro un sincero sentimento di gratitudine, senza il loro lavoro il mio viaggio nel tempo si sarebbe fermato molto prima.
I Gallo divennero tanto importanti che ebbero il patronato su una chiesa, detta appunto S. Maria de’ Galli la quale, per le precarie condizioni in cui finì, fu sconsacrata nel 1573 dall’arcivescovo Montilio, lo stesso che un anno prima aveva elevato a parrocchia la chiesa di S. Gennaro. Alcuni studiosi ipotizzano che S. Maria de’ Galli fosse l’antica denominazione della odierna chiesa della Madonna di Loreto.
Ad Agerola si coltivava un baco da seta di elevata qualità, si otteneva un filo molto sottile, grazie agli insegnamenti di una comunità ebraica che vi si era insediata intorno all’anno Mille.
In quei primi decenni del Mille Cento, numerose famiglie di Agerola si arricchirono con il commercio e con altre attività. Fra le più antiche i documenti ricordano le famiglie Sarriano, Scatola, Lantaro, Pironti, Pulcaro, Amalfitano, Cuomo, Federico, Imperato, Villani, Conte, Coccia, Casanova, Caucella, De Stefano, Coppola, Iovane, Longo, Naclerio, Acampora, Vespolo, Acunto, Avitabile, Brancati, Cavaliere, Farao, Lauritano, Avitrano, Fusco, Eboli, de Rosa, Positano, Gallo, Rocco. Molte di queste famiglie emigrarono o addirittura si estinsero. Alcune si trasferirono nei centri marittimi di Praiano, Vettica Maggiore e Positano e appresero l’attività marinara. D’altronde, Agerola confina con Praiano, gli agerolesi da sempre consideravano Praiano la propria marina, davano da lavorare la seta ai praianesi che la filavano e, per vendere i loro prodotti via mare nel Mediterraneo, dovevano percorrere la via pubblica, scendere sulla costa e soffermarsi a Praiano. A un certo punto alcuni vi si trasferirono.
Il 16 agosto 2012, il giorno dopo il pranzo ad Amalfi con Giuseppe Gargano, quando dunque non sapevo ancora da quale ramo dei Gallo discendessero il Carlo del Cinquecento, il Crescenzo del Settecento e quindi la mia stessa famiglia, ripartimmo da Praiano e, per tornare in macchina a Roma, percorremmo i sette chilometri del tratto di strada statale in direzione sud-est verso Amalfi, poi voltammo a sinistra in direzione nord verso Agerola, ci arrampicammo sui tornanti a forte pendenza della costa, ci lasciammo Pogerola sulla destra, attraversammo Furore e, raggiunta Bomerano frazione di Agerola, dopo una quindicina di chilometri complessivi, parcheggiammo la macchina ed entrammo a piedi per meno di un chilometro nel Sentiero degli Dei. Superata la prima curva, sorpresa mozzafiato: ci trovammo a picco in verticale proprio sopra la torre a Mare di Praiano. Prima di quel momento, il percorso automobilistico a zig-zag ci aveva sempre ingannato e non ci aveva fatto capire che in linea d’aria Agerola sovrasta perpendicolarmente Praiano. Ci apparve in quel momento ovvio come la via pubblica fosse l’unico percorso nel Medioevo per passare dai 630 metri sul livello del mare di Bomerano ai 120 metri di Praiano. Cinquecento metri di dislivello con una pendenza proibitiva. Allora non ebbi più dubbi. I Gallo di Praiano non potevano non venire da quelli di Bomerano, e Monte S. Angelo a Tre Pizzi assurgeva per loro al rango di divinità mitologica.
I Gallo rimasti ad Agerola poco prima del Duecento finirono con invidiare i parenti che, con maggior lungimiranza, erano scesi a Praiano decenni prima. Per esempio, un certo Giovanni Gallo, figlio di Pietro, aveva sposato l’agerolese Theodonanda, figlia di Giovanni de Rosa. Nel 1192 la coppia vendette ad Orso Castallomata di Pogerola, mercante operante in Armenia, una porzione di castagneto in località Alicotena di Agerola al prezzo di 6 soldi d’oro, pari a 24 tarì. In quello stesso anno un altro Giovanni Gallo, figlio di Leone, insieme ai suoi fratelli Leone, Gemma e Marotta, nonché alla moglie Anna Vespoli, vendette per la stessa somma al medesimo Orso Castallomata un altro castagneto situato sempre nella medesima località; tutti insieme divennero coloni del nuovo proprietario nella forma di mezzadri e si impegnarono ad innestare piante giovani alla castagna zenzala, ad arrostire alla graticola le castagne e a trasportarne la metà alla casa del padrone ad Amalfi, a offrire allo stesso un agnello a Pasqua e un altro a Natale, a tagliare la legna mediante potatura. Insomma, alle soglie del Duecento i Gallo rimasti ad Agerola si trovarono in ristrettezze finanziarie, vendettero la proprietà terriera e diventarono coloni. I terreni erano castagneti. Impressiona come all’epoca ci si alimentasse con poche e povere risorse offerte dalla terra; come perfino le semplici castagne e un agnello rappresentassero una ricchezza familiare da inventariare.
Nel 1278 Agerola aveva 126 fuochi, secondo quanto risulta dalla tassazione di quell’anno.
Nel Trecento il casato agerolese dei Gallo tornò a essere piuttosto attivo. Innanzitutto, un nuovo Giovanni possedeva beni terrieri ereditati nello stesso casale Bomerano di Agerola. Quindi Bannella, figlia di Giovanna de Gallo di Agerola, ricevette dal nobile amalfitano Petrillo del Jodice in eredità 4 once di carlini d’argento, pari a 240 carlini, cioè 120 tarì.
Nel Trecento, in età angioina, i Gallo di Agerola fecero parte anche dell’amministrazione di quella terra: nel 1330 Andrea era testis, mentre due anni più tardi fu eletto giudice annale. Ragionando sulle componenti del popolo di Napoli, Capaccio sostenne che tra «le persone stimate di Tribunali i Dottori ascendono a gradi di Magistrati supremi». Ebbene ad Agerola in un atto del 1° febbraio 1330, con il quale la famiglia de Casanova, composta da un certo Ventura, da suo figlio, sua nuora e i loro figli, vendette a Iohanni Vallichari un pezzo di selva, in calce c’era la firma del teste Matheus Gallo, senza alcun titolo di dominus. Ma appena due anni dopo, il 23 giugno del 1332, in una compravendita di quattro vacche e tre vitelli, lo stesso Matteo Gallo intervenne in qualità di giudice di Agerola.
In località Li Galli ad Agerola esiste ancora oggi via Galli. Mia moglie Silvana e io ne fotografammo la targa [19.2] a Pasqua 2014. Sopra al nome, c’è lo stemma di Agerola con il monte a tre picchi. A Pasqua 2015 mi recai a fare una visita di cortesia al sindaco di Agerola, prof. Mascolo [19.3][19.4].