cap 56

Nel 1785 Crescenzo aveva 75 anni, i figli li aveva sistemati tutti, chi in un modo, chi in un altro. Da qualche tempo era andato ad abitare con Catarina accanto alla chiesa di «S. Andrea delli Scopari», nell’omonimo bastione poi distrutto nella seconda guerra mondiale. In confronto alla speranza di vita di quell’epoca, Crescenzo era molto vecchio, alla fine della primavera del 1785 sentì che le forze stavano ormai per abbandonarlo. Così il 17 maggio convocò il notaio Antonio Persico, chiamò i figli Giuseppe, Michelangelo, Pasquale, non chiamò suor Marianna, né Rosa Maria, Teresa, Angela, e dettò la donazione di tutti i suoi averi [56.1], che feci trascrivere [56.2].
«Come essendo per grazia del Signore Iddio gionto ad età avanzata, ed avendo bastantemente fatigato per profitto di detti suoi figli, desidera finalmente vedere ne’ medesimi, lui vivente, la loro fissa situazione, perciò ha risoluto assegnare a ciascuno di loro quella porzione che dalla sua coscienza li vien dettato, a tenore de’ loro respettivi meriti e fatighe; ed indi con occhio amoroso di padre mirarli in una perfetta armonia e fraterno amore, senza che questa divisione debba succedere dopo sua morte, allora quando facilmente fra detti suoi nominati figli maschi ed altre sue nominande figlie femine possano succedere liti e discordie, ad onda [sic] di quella perfetta armonia che finora ha fatto mantenere fra di loro».
I concetti dunque furono tre: desiderio di vedere da vivente i figli sistemati stabilmente; assegnazione in proporzione a meriti e sacrifici di lavoro di ciascuno di loro, dunque secondo una scala di valori meritocratici; desiderio di pensarli uniti nella concordia dopo la sua morte. Sinceramente non fui sorpreso da questi propositi che, almeno fino a pochi decenni fa, erano i sani fondamenti etici di ogni famiglia borghese meridionale.
«Non tralascia pertanto il signor D. Crescenzo confessare in presenza nostra che è vero di aver lui molto acquistato, ma però han molta parte in tale acquisto li sudetti D. Giuseppe e D. Michelangelo, poicché fin da fanciulli (allorché esso D. Crescenzo viveva con le fatighe personali) faticavano in casa su de telari di seta, e poi con tali fatiche ed economia, avendo cumulati da circa ducati tremila, fu pregato da essi D. Giuseppe e D. Michelangelo a volersi ponere a negoziare in piazza, siccome si fece. Ed ecco che per ben venti anni assieme hanno negoziato, né altro da detto signor D. Crescenzo hanno avuto che soli ducati dieci al mese per ciascuno, quali con altri loro particolari proventi, cioè con ordimento delle tele di sete ed incannature di esse, e con altre industrie fuori della bottega, l’hanno servito per il sostegno di loro famiglia. Questo negozio esercitato da detto signor D. Crescenzo con detti signori D. Giuseppe e D. Michelangelo con somma attenzione ed economia, e specialmente con fedelissima amministrazione di detti signori D. Giuseppe e D. Michelangelo ha fatto sì che oggi esso signor D. Crescenzo si trovi in quegli avanzamenti e profitti che in appresso si diranno, senza che da altri avessero avuto origgine e caggione».
Questi concetti esprimevano la giustificazione (excusatio non petita) per un forte divario di trattamento tra i figli maschi, favoriti, e le figlie femmine. La condizione femminile si riscattò nel Meridione solo nei successivi due secoli.
«Per poter dunque esso signor D. Crescenzo venir a far giusto partimento del suo avere in favore de’ suoi figli secondo lo stato e condizione di ciascuno per il di loro proprio e decoroso mantenimento, ha tutto bilanciato e l’ha ritrovato essere in ducati trentaquattromila in circa composti cioè da una massaria di moggia venti ed alcune case adiacenti, sita sopra Posillipo del valore al presente di circa ducati seimila da esso signor D. Crescenzo acquistata con proprio denaro, quale massaria e case ora danno di rendita annui ducati duecento quaranta. E da docati ventottomila di mercanzie di seterie considerate come mercanzie ma consideratone il prezzo per ora vagliono non più che docati ventisettemila, avendosi mira anche ad i capi morti, e per tal summa si fissano per potersi devenire al seguente partimento».
Il valore attribuito alla masseria di Villanova era dunque pari a 6mila ducati, superiore di un terzo ai 4.537 del costo di acquisto. Era molto interessante anche il concetto della valutazione prudenziale della seteria pari a 27mila ducati, con una differenza in meno rispetto al valore contabile di mille ducati, pari alla probabile svalutazione. Dei 27mila ducati, nell’atto di donazione Crescenzo ne trattenne 500 per sé e 500 per la moglie Carmina.

About Riccardo Gallo
Riccardo Gallo (Roma, 23 settembre 1943) è un ingegnere, economista e docente italiano. Professore alla Sapienza, ha svolto compiti di risanamento del sistema produttivo italiano in ambiti governativi, finanziari, aziendali, riversando e incrociando le competenze acquisite. È stato definito il bastian contrario sia del management pubblico che del privatismo arrogante, estremista di centro. Ha collaborato con Il Sole 24 Ore. Oggi è opinionista de L’Espresso.
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