cap 39

Nel primo Status Animarum della storia a Praiano, il 2 settembre 1706 [39.1], un tiepido giovedì di fine estate, il parroco Giulio de’ Rosa contò e annotò 230 famiglie, 1.112 anime, cioè 1.112 fedeli residenti [39.2]. Di essi, 769 fecero la comunione; siccome all’epoca erano tutti cattolici osservanti e tutti quelli che potevano fare la comunione la facevano, ciò vuol dire che la differenza, cioè (1.112-769=) 343 persone, il 31%, quasi uno su tre, non era in condizioni di comunicarsi, era fisicamente impossibilitato a farlo, per ragioni temporanee di salute o per vecchiaia avanzata. Alcune ricerche epidemiologiche sono state di recente basate sull’ipotesi che la principale causa di impossibilità a fare la comunione nei secoli passati fosse la demenza senile, cosicché questa percentuale di astensione dal sacramento della comunione è assunta come proxi di una condizione di demenza senile nella popolazione censita dagli Status Animarum. Nel 1707 a Praiano questa incidenza percentuale si attestò al 29%, nel 1708 tornò al 31% e continuò ad oscillare all’interno di questo intervallo, intorno al 30%, nei successivi dieci anni. Dunque era un dato stabile, strutturale.
Nel 1720 le famiglie di Praiano erano 250, venti più del 1706, con un tasso di crescita medio annuo pari allo 0,62%. In soli cinque anni, dal 1707 al 1712, il numero medio di componenti ogni famiglia scese da 4,9 a 4,4. Insomma, all’inizio del Settecento emersero a Praiano i primi sintomi di una sorta di modernizzazione dei costumi della società. A fine 2012 il numero di componenti per famiglia è più che dimezzato, essendo sceso a 2,3.
In trecento anni la popolazione complessiva di Praiano è rimasta assolutamente stabile. Nel 1707 gli abitanti (conteggiate come anime di S. Luca) erano 1.112, a inizio 2013 erano 1.078, secondo l’Ufficio Anagrafe del Comune. È aumentata invece la popolazione di Vettica Maggiore, fino a quasi pareggiare Praiano nel 2013 con 1.010 abitanti.
A casa Gallo, nella sistemazione delle varie camere nei primi anni del Settecento [39.3], non trovammo Thoma, il secondo figlio di Nofrio e Vincenza. La ragione è semplice: Thoma sposatosi con Giulia Ferraiolo se n’era andato «allo Borgo» e lì ci abitava con la moglie e le due figlie femmine Nicolaa (con due “a”, perché questo era il genere femminile di Nicholas) e Joanna, nel frattempo nate rispettivamente nel 1698 e nel 1701 [39.4].
Lo Borgo era il nome di una stradina, anzi come al solito per Praiano di una scalinatella, distante pochi metri da Casa Gallo, perpendicolare sia alla odierna via S. Giovanni sia alla costa. All’inizio degli anni Duemila, secondo quanto sostiene Giovanni Scala, nel corso di alcuni lavori di manutenzione stradale e toponomastica, i dirigenti del Comune di Praiano sbagliarono, cambiarono nome all’antichissima via Borgo e la trasformarono in una diramazione omonima di via S. Giovanni, in un suo diverticolo laterale. Con la conseguenza che oggi via S. Giovanni, da un lato, prosegue dopo Casa Gallo un centinaio di metri fino a cambiare nome in via Miglina, dall’altro scende giù e sbuca sulla SS. 163.
Abbiamo già visto che nel 1700 a 31 anni Giuseppe, quartogenito di Nofrio, sposò Rosa figlia di Gio:Battista Irace e Giovanna De Rocco, e che alla coppia fu assegnato uno spazio a Casa Gallo. La prima figlia, nata nel 1703, Giuseppe e Rosa la chiamarono Vincenza [39.5]; poi vennero Luca [39.6] nel 1704 (anno in cui morì Vincenza [39.7] moglie di Nofrio) e Francesco Antonio nel 1706 [39.8][39.9]. Contemporaneamente, il 12 febbraio 1705, morì Nofrio [39.10]. Passò qualche anno e nel 1710 nacque Crescenzo, al quale anzi per l’esattezza venne messo il nome Onofrio Crescenzo [39.11][39.12][39.13].
Il nucleo familiare di Giuseppe a questo punto si era ingrandito, nello spazio assegnatogli («proprijs adibus») ci stava stretto, e così Giuseppe e Rosa nel 1710 chiesero ai parenti che dividevano la casa con loro di vendergli un altro po’ di spazio, l’ottennero, fecero lavori che oggi diremmo di ristrutturazione e nel frattempo se ne andarono per qualche mese ad abitare allo Borgo, ospiti di Thoma, il fratello di 11 anni più grande di Giuseppe. Così nello Status Animarum di quell’anno [39.14] Giuseppe e famiglia figurano non a casa Gallo [39.15], bensì a lo Borgo [39.16]. Tornarono a Casa Gallo l’anno dopo, come figura negli Stati Animarum del 1711 e del 1712 [39.17][39.18][39.19][39.20][39.21][39.22].
Il nucleo familiare di Giuseppe s’ingrandì ulteriormente per la nascita nel 1713 di Pietro Paolo [39.23][39.24], in seguito chiamato Pietro. Composta da cinque figli, questa famiglia era solo di poco meno numerosa di quella degli antenati Minico (sei figli), Nofrio (sette), Pietro Nicola (sei), Carl’Antonio (dodici).
In quei tempi, restava solo un vago ricordo di molte delle attività economiche svolte a Praiano nei secoli precedenti; tanto per fare un esempio, il catasto di metà Settecento censì un solo corallaro a Praiano. Invece sopravvissero e si svilupparono due attività: il trasporto marittimo e il commercio di filati.
Il trasporto marittimo era diventato di piccolo cabotaggio, lungo la costa tirrenica. Secondo Galanti, da Napoli a Messina non vi erano veri porti; il litorale tirrenico «per lo lungo spatio di 300 miglia è del tutto mancante del menomo ricovero de’ bastimenti», e nella Calabria meridionale non vi erano se non «scari, tenitori, moli, sebbene da per tutto vi siano luoghi opportuni a costruirli». Paradossalmente, una località come Praiano, che era carente di sbocchi a mare e vantava solo lo “scaricaturo” naturale di Praia, beneficiava dell’assenza di politiche di infrastrutturazione degli altri siti concorrenti, nel senso che in tal modo quello di Praiano non era meno competitivo di altri più dotati in modo naturale o meglio suscettibili di dotazione artificiale. Inoltre, Praiano aveva a disposizione il miglior tavolame grazie al legname dell’entroterra (Agerola). Fatto sta che nel 1738 la flotta mercantile di Praiano era costituita da 13 guzzarelli e da 30 feluche. In particolare, la flotta di feluche era la più potente della costa amalfitana. Si pensi che in quel momento Amalfi ce ne aveva solo 14, Minori 13, Atrani 11, Maiori 6, Conca tre, Furore una, per un totale complessivo di 70 unità. Dunque Praiano aveva poco meno della metà di feluche di tutta la costa.
Nel Settecento, neanche il commercio di filati subì alcun declino. Più in generale, sulla costa prevalse la propensione di interi nuclei familiari a dedicarsi a lavorazioni a domicilio che valorizzassero risorse locali. Oltre ai filatori e ai fabbricanti di reti di Praiano, ciò valse anche per i “centrellari” e i “ferrari” di Pogerola, per i fabbricanti di ami da pesca e i tornieri di Furore, per i battitori di bombace di Tramonti. Si trattava in ogni caso di attività artigianale di levatura modesta e limitata rispetto ai fasti del passato.
Ciò valeva per la costa amalfitana, ma valeva anche per Napoli. Galasso dice che dopo la peste, verso la fine del Seicento, decadde l’importanza manifatturiera di Napoli nei campi in cui aveva eccelso. Lo Stato, l’aristocrazia feudale, i proprietari fondiari, i commercianti e i professionisti canalizzarono su Napoli gran parte della rendita fondiaria del Regno. Napoli capitale rimase un grande polo di concentrazione e di consumo.

About Riccardo Gallo
Riccardo Gallo (Roma, 23 settembre 1943) è un ingegnere, economista e docente italiano. Professore alla Sapienza, ha svolto compiti di risanamento del sistema produttivo italiano in ambiti governativi, finanziari, aziendali, riversando e incrociando le competenze acquisite. È stato definito il bastian contrario sia del management pubblico che del privatismo arrogante, estremista di centro. Ha collaborato con Il Sole 24 Ore. Oggi è opinionista de L’Espresso.
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