cap 98

Negli anni Ottanta dell’Ottocento lo stipendio di Michele, segretario del Regio Economato generale, non bastava a mantenere il tenore di vita dei Gallo di inizio secolo né quello dei Masillo, l’altolocata e scialacquatrice famiglia di lei.
Il fratello scapolo e le sorelle nubili di Michele erano già stati tanto generosi da lasciare a lui qualche usufrutto e ai suoi figli qualche nuda proprietà; Pasquale ormai aveva una certa età e con la professione di avvocato aveva chiuso; Pietro l’ingegnere aveva una famiglia ben più numerosa e dunque, pur avendo buoni introiti, doveva pensare ai propri dieci figli. Insomma, Michele aveva fatto una bella vita fino a 46 anni; aveva avuto l’ambizione di sposare una ragazza, ultima nata della sua famiglia, poco propensa ad abbandonare certi livelli sociali; come lei poi, anche Michele voleva continuare a vivere bene. In ogni coppia che non entri in crisi, il comportamento di lui è influenzato da lei, e viceversa. Se Michele voleva continuare ad avere un tenore di vita superiore alle reali possibilità, ciò dipendeva anche dal fatto che Raffaela era viziata. Poiché i Masillo erano gente che campava alla grande non disdegnando di fare debiti, anche Michele volentieri fece debiti.
Capitò perciò che chiedesse ogni tanto somme importanti in prestito, non in banca ma a un conoscente, tale Vincenzo Savino. Il 31 marzo 1880 con rogito del Notaio Carlo Maddalena [98.1], Savino diede a Michele un mutuo di 1.500 lire a quattro anni, «per lire Dugento in contanti e per lire milletrecento racchiuse in una fede di credito del Banco di Napoli Cassa San Giacomo», a un tasso di interesse dell’8 percento, 120 lire all’anno, da rimborsare in rate trimestrali. Prese in garanzia la «ipoteca sul casamento sito in Napoli, Sezione Stella, via Santa Maria Antesaecula centododici e via Montesilvano numero tredici e sulla quota indivisa che il medesimo Signor Michele Gallo rappresenta nell’appartamento al secondo piano in via Principessa Margherita numero cinquantadue».
Questa [98.2] è un’altra casa che spunta fuori; si trovava a meno di 500 metri da Sedile di Porto 92, oggi dall’altra parte di Corso Umberto; derivava dalla successione del canonico Giovanni nel 1853.
Una seconda volta, nel 1889, Savino diede a Michele, ormai quasi settantenne, un prestito [98.3] a quattro anni (1889-1893), stessa banca, di duemila lire, al 7 percento. Vista l’età avanzata del debitore, questa volta Savino non si accontentò più delle solite garanzie. Il 3 giugno 1889 all’atto notarile per il nuovo prestito, perciò, dovette intervenire in qualità di garante solidale Maria Grazia, detta brevemente Maria, figlia di Michele, titolare con i due fratelli minorenni (Alberto ed Enrico) di quanto ereditato da zia Peppina (Giuseppa). Essendo l’unica maggiorenne, avendo in quel momento ventidue anni contro i diciotto di Alberto e gli undici di Enrico, Maria Grazia era l’unica abilitata a intervenire all’atto.
Michele dunque cominciò a intaccare addirittura le proprietà dei figli. Con tutti i suoi macroscopici difetti, rappresentava bene i caratteri decadenti della cultura e della società in cui visse. Spiegano infatti i critici dell’arte che l’idea della decadenza dell’uomo da una condizione paradisiaca è di origine religiosa e la si trova in molti antichissimi miti, probabilmente connessa all’esperienza del ciclo biologico. Per i cristiani, l’idea di decadenza è inseparabile da quella dell’umanità primigenia, cioè dalla caduta di Adamo, legata al nesso piacere-colpa-decadenza. Dopo l’era di Crescenzo-Adamo nel paradiso terrestre e dopo Michelangelo e Matteo, emblemi della colpa, fu più coerentemente drammatico e mitico il personaggio decadente di Michele di quanto non lo fossero i suoi fratelli Pasquale e Pietro, borghesi moderni affermati nelle loro professioni. Con ciò non voglio giustificare, né minimamente apprezzarlo, ma Michele rappresentò bene la società di fine Ottocento e la cultura decadente e impoverita rispetto ai valori borghesi e romantici di inizio secolo.
In quegli stessi anni Ottanta dell’Ottocento, sia pur con caratteri diversi, si affermarono molti poeti del decadentismo, movimento artistico nato in Francia e lì chiamato simbolismo: Rimbaud, Verlaine, Corbière, Zola, in Italia Giovanni Verga. Quel movimento letterario nacque a Parigi negli anni Ottanta dell’Ottocento. Fu Paul Verlaine a inaugurare la corrente con il sonetto “Laungueur” (Languore), pubblicato su “Le Chat Noir” il 26 Maggio 1883: la poesia esprimeva uno stato d’animo diffuso nella cultura del tempo, un senso di disfacimento e decadenza, di perdita di ogni speranza e di compiacimento autodistruttivo verso un imminente crollo della civiltà e della vita.

About Riccardo Gallo
Riccardo Gallo (Roma, 23 settembre 1943) è un ingegnere, economista e docente italiano. Professore alla Sapienza, ha svolto compiti di risanamento del sistema produttivo italiano in ambiti governativi, finanziari, aziendali, riversando e incrociando le competenze acquisite. È stato definito il bastian contrario sia del management pubblico che del privatismo arrogante, estremista di centro. Ha collaborato con Il Sole 24 Ore. Oggi è opinionista de L’Espresso.
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