cap 100

Se Michele fu tanto sciagurato da avvalersi della garanzia solidale della figlia Maria Grazia per ottenere nel 1889 un prestito di duemila lire da Vincenzo Savino, di tutt’altra pasta era zio Pasquale, l’avvocato. Una conferma venne nel 1893, quando Maria Grazia [100.1] a 26 anni si fidanzò con Enrico Nacciarone, quattro anni più grande di lei, e Michele per la prima volta nella storia della famiglia non diede alcuna dote alla figlia, non per una più evoluta e moderna mentalità, ma perché patrimonialmente non era in condizioni di farlo. Fu allora che ci pensò zio Pasquale. D’altra parte Alberto ed Enrico, gli altri due figli di Michele e Raffaela, erano maschi e dunque non c’era rischio che si venisse a creare uno squilibrio di trattamento tra i tre nipoti. Piuttosto, Pasquale non fece altrettanto con le figlie di Pietro, l’ingegnere, e se mai ce ne fosse stato bisogno questo fatto conferma il divario di solidità tra Michele e Pietro.
Ci pensò zio Pasquale, nel senso che a ottobre 1893 donò a Maria Grazia la nuda proprietà del «quartino a destra tra il secondo e il terzo piano nobile del Casamento in Napoli alla Via Santa Maria Antesaecula 112, confinante col Vico San Felice, Cortile del Palazzo». Il 14 ottobre 1993, notaio Carlo Maddalena, la «donazione veniva fatta a contemplazione del matrimonio da contrarsi».
Pochi mesi dopo, il 9 febbraio 1894, zio Pasquale con un secondo atto [100.2] liberò la donazione, affrancandola dalla «contemplazione del matrimonio da contrarsi». Si potrebbe congetturare che il matrimonio fosse saltato e che Pasquale volesse donare lo stesso il quartino alla nipote. La verità invece era che Pasquale aveva 79 anni e non voleva morire con lo scrupolo di fare una donazione in vita vincolata e perciò inefficace in caso di sua morte. Maria Grazia sposò Enrico Nacciarone qualche mese dopo; per impegni di lavoro di lui, andarono a vivere per qualche tempo a Porto Maurizio – S. Remo, provincia di Imperia. Del quartino riparleremo tra qualche decennio.
Sentiva che le forze gli mancavano, non era più capace di firmare con mano ferma, lui che da avvocato aveva passato la vita a scrivere; tutto ciò spinse Pasquale a chiedere ai fratelli e a Marianna di dividere le proprietà comuni. I fratelli condivisero. Poiché serpeggiavano reciproche diffidenze, non da parte di Marianna che era stata tacitata, ma piuttosto nei rapporti tra Raffaela e Concetta Gaudiosi, i tre fratelli decisero di chiedere al Tribunale una perizia sulla cui base fare conteggi e divisioni. Così avvenne. La relazione peritale fu affidata all’ing. Paolo de Lucia, e questi la consegnò il 28 maggio 1894. A quel punto, bisognava dividere in sei quote uguali il valore totale, mettere da parte le due quote lasciate da Giuseppa e Caterina ai nipoti, ripartire dalle altre quattro (Pasquale, Michele, Pietro, eredi di Tommasina) tenendo conto delle donazioni effettuate in vita, ricomporre quote di pari valore.
Per ricomporre questo puzzle, occorrevano doti di saggezza, equilibrio, onestà intellettuale, capacità di maneggiare le cifre, creatività, distanza dagli interessi. I tre fratelli si affidarono a un giovane e molto brillante avvocato che godeva della fiducia di tutti. Si chiamava Giulio Mola.
La divisione fu sancita l’8 luglio 1894 dal notaio Alfonso de Filippo [100.3]. Tra tutti i tredici cugini [100.4], Maria Grazia, nata nel 1867 da Michele e Raffaela, stava per sposarsi; Vittoria, nata nel 1865 da Pietro e Concetta, si era sposata nel 1889 con Adolfo Zecca; la cerimonia si era svolta il 29 settembre nella parrocchia di S. Maria de’ Vergini; testimoni: Pasquale e Michele, zii della sposa. Alla divisione, Enrico minorenne fu rappresentato da Andrea Benenato marito di Marianna. Goffredo, Olimpia, Clotilde, Ginevra, minorenni, furono rappresentati da tale Giuseppe Leone. Non descrivo qui tutti i particolari di questa complicata divisione, anche perché essa non portò ad alcuna sorpresa clamorosa.
Una cosa emblematica, piuttosto, riguarda il giardino. Nella divisione in sei quote del 1871 questo, insieme ad altri beni, fu assegnato a Tommasina; la quale quando morì nel 1881 ne lasciò in eredità la nuda proprietà a Michele e Pietro e l’usufrutto a Pasquale. Ebbene, con la divisione del 1894, Pasquale come al solito rinunciò all’usufrutto e Michele e Pietro se lo divisero in parti uguali. Ma la notizia vera è che Michele vendette subito la parte sua, a tale signora «Lattanzio maritata Carginale», e Pietro l’ingegnere sulla sua costruì «una palazzina composta da pianterreno e tre piani superiori… con accesso da Vico S. Felice». Da ciascuno dei tre (Pasquale, Michele e Pietro) vi sareste aspettati un comportamento diverso?
Senza riuscire a vedere il Novecento, di lì a poco morirono tutti: Pasquale [100.5] dopo un anno, l’11 luglio 1895, a ottant’anni; Michele [100.6] il 15 settembre 1896, a 76 anni; Pietro [100.7][100.8] il 27 giugno 1898, a 74 anni.
Come per la madre Francesca Cogna, anche per Michele stranamente non trovai traccia della morte nei registri della parrocchia di S. Maria de’ Vergini, come se il funerale non si fosse svolto in chiesa o, quanto meno, in quella chiesa. La cosa è strana, perché quella era la sua parrocchia. A dichiarare in Comune la morte di Michele si presentarono un «sarto» e un «camariere»; testimoni furono un «custode» e un «domestico», entrambi al servizio di Michele Gallo, gran signore, elegante, non incline a lesinare sulle spese. Il 23 marzo 1820 a dichiarare la morte di nonno Michelangelo era stato un «giovine di mercante». Questa è un’altra interessante notazione di come era cambiata la vita dei Gallo in ottant’anni: all’inizio dell’Ottocento si facevano assistere da poche persone di bottega; a fine secolo da troppo personale di casa.
Michele morì senza lasciare alcun testamento. Non ci furono gravi conseguenze, ma anche questo particolare serve a inquadrare il personaggio, la sua debole attenzione verso i familiari.

About Riccardo Gallo
Riccardo Gallo (Roma, 23 settembre 1943) è un ingegnere, economista e docente italiano. Professore alla Sapienza, ha svolto compiti di risanamento del sistema produttivo italiano in ambiti governativi, finanziari, aziendali, riversando e incrociando le competenze acquisite. È stato definito il bastian contrario sia del management pubblico che del privatismo arrogante, estremista di centro. Ha collaborato con Il Sole 24 Ore. Oggi è opinionista de L’Espresso.
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