cap 54

Non sappiamo se, dopo aver acquistato la masseria nel 1773, Crescenzo la diede in affitto o no. Quel che è certo è che lo fece nel 1779. Alla fine dell’estate, d’intesa con l’affittuario in pectore, Sabbato Prezioso, incaricò due giardinieri del borgo Chiaja di redigere un inventario delle piante e degli alberi da frutta presenti in quel momento nella masseria. Questi due giardinieri si chiamavano Giovanni Sanzone e Nicola Postiglione; ricoprivano la carica di consoli de Giardinieri, quindi la loro perizia era molto qualificata. Il 28 ottobre i due depositarono la loro relazione [54.1] presso il notar Tomaso Sepe di Napoli: «Ci siamo conferiti nella massaria di detto signor D. Crescenzo sita sopra la Porta di Posilipo, e proprio dove si dice “il passaggio”. Et dove gionti dopo aver quella caminata, e ricaminata, abbiamo proceduto alla numerazione di tutti gli alberi, viti e frutti al presente ivi sistentino e proceduto ancora all’apprezzo di tutti li spaladroni nella medesima sistenti, cioè: Viti grosse e piccole, numero 7700; Pioppi grossi e piccoli, numero 320; Frutti veraci di ogni sorte grossi e piccoli, numero 1000; Piedi di fichi grossi e piccoli, numero 407; Piedi di cerase grossi e piccoli, numero 29; Piedi di amarene grossi e piccoli, numero 19; Piedi di celze bianche grosse e piccole, numero 70; Piedi di noci grossi e piccoli, numero 15; Piedi di sorbe grossi e piccoli, numero 14; Piedi di pigne, numero 4; Piedi di agrumi, numero 3; Un piede di scioscelle piccolo, 1; Un piede di toima grosso, 1; Un piede d’olivo, 1; Due ceppe di nocelle, 2; Sette ceppe di granate, 7; Frutti selvaggi, numero 210; Due ceppe di lauro, 2; Piedi di salci grossi e piccoli, numero 14; Ceppe di castagne per dentro la detta massaria, oltre della selve e femiti, numero 51; Piedi di castagne veraci, numero 8; Cerque ed olme per dentro detta massaria, numero 10; Spaladroni, pali e pontelle, numero 2500». Della relazione dei due giardinieri feci fare una trascrizione [54.2].
Conduttori nel contratto di affitto furono indicati oltre a Sabbato Prezioso anche il figlio Andrea e il genero Girolamo d’Ascenzio. La durata fu stabilita in sei anni, decorrenza 1° novembre 1779 e termine il 31 ottobre 1785. Tuttavia si stabilì che sarebbe stato «lecito ad essi padre, figlio e genero conduttori nell’ultimo anno del presente affitto stare nella massaria sudetta per tutto li due del mese di novembre per raccogliersi i frutti pendenti della medesima, ed indi doppo detto giorno uscirne e lasciarla in beneficio del sudetto D. Crescenzo o del nuovo affittatore di detta massaria».
Il canone fu concordato pari a 200 ducati, da versare «qui in Napoli in moneta d’argento» quanto a 40 ducati a fine luglio, 60 a fine ottobre, 100 a saldo a fine dicembre di ogni anno. Questa tempistica fa pensare che le rate era previsto venissero dalla vendita del raccolto. Il canone di affitto pari a 200 ducati si ragguagliava al 40% in più del censo che era stato fissato nel 1743 dal precedente proprietario.
Nel contratto Crescenzo impose un decalogo di condizioni:
a) i conduttori s’impegnavano a «governare, putare, e zappare detta massaria, e giardinetto in piano al cortile ad uso di buoni ed ottimi massari e fare sì che la medesima più tosto venghi in aumento che in deterioramento per colpa e difetto di essi conduttori»;
b) i conduttori s’impegnavano «a loro proprie spese in ogn’anno fare nella massaria sudetta numero cento fossa, ed in quelle piantarvi viti e frutta, senza che per dette fossa faciende o per la pastinatura di dette viti e frutta possano pretendere pagamento veruno, anco minimo che fusse, quia sic ex speciali pacto, altrimenti esso signor D. Crescenzo appigionata non ce l’avrebbe, ovvero per l’affitto della medesima preteso n’avrebbe maggiore annuo estaglio del di sopra convenuto». Dunque, in media due fòsse a settimana;
c) «seccando qualche albero di frutta, vite o altro in detta massaria e giardino debbano detti conduttori, siccome ciascuno d’essi insolidum promette e s’obliga, levarne la pianta secca e piantarvi altra simile pianta nuova tutto a loro spesa, e l’albero secco, essendo atto al lavoro debba restare in beneficio del sudetto D. Crescenzo, e non essendo atto al lavoro per mettà debbano ritenerselo essi conduttori, e l’altra mettà debbano consignarla spaccata al sudetto D. Crescenzo»;
d) entro un mese i consoli dell’Arte de’ Giardinieri avrebbero dovuto procedere alla conta delle piante e avrebbero dovuto inserire la loro relazione nel contratto di affitto. Questa condizione, come si è visto, fu soddisfatta in anticipo;
e) i conduttori s’impegnavano a «consignare a sudetto signor D. Crescenzo tutti gl’alberi, viti, ed altro in essi esistenti giusta la sua numerazione, come sopra facienda, e ciò oltre di quelle piante o viti che durante il presente affitto dovranno essi conduttori in detta massaria nuovamente piantare alla detta ragione di cento in ogni anno, siccome di sopra si è detta»;
f) i conduttori s’impegnavano a «riconoscere tutti gl’aumenti in detta massaria sistenti, oltre del dette piante e viti che durante il presente affitto si dovranno piantare alla detta ragione di cento l’anno. E tanto dette nuove piante componentino il numero di seicento, per detti sei anni d’affitto, quanto fatti gl’altri aumenti che forsi si troveranno fatti debbano dividersi in questo modo: cioè due terzi debbano andare in beneficio di detto signor D. Crescenzo e delli di lui eredi e successori, senza che per quelli possano detti conduttori pretendere pagamento veruno, ed un terzo debba andare in beneficio di detti conduttori. Sicché detto signor D. Crescenzo in fine di detto affitto altro di aumento non debba bonificare a detti conduttori, se non che detto terzo andato in beneficio de’ medesimi conduttori. Quale terzo d’aumento debba sodisfarsi per detto signor D. Crescenzo, secondo l’apprezzo dell’esperti comunemente eligendi»;
g) i conduttori s’impegnavano a «ponere tutti quelli spalatroni o canne che saranno necessari per le sudette cento fosse faciende, giusta il bisogno di quelle piante, che in quelle dovranno piantarsi, e tutti gli altri spalatroni che saranno necessari per la massaria sudetta»;
h) i conduttori s’impegnavano a «dare e consignare in ogn’anno al sudetto signor D. Crescenzo, suoi eredi e successori, secondo le loro richieste un cantaro d’uva, un cantaro di fichi, cento pigne mellise, rotola trenta di sorbe a spognilli, e cinquanta fascine in tempo della puta, ed a loro proprie spese dette robbe portarle qui in Napoli in casa del sudetto D. Crescenzo»;
i) «non debbano detti conduttori permettere il passaggio per dentro detta massaria né a cavalli, somari o altra qualunque sorte d’animali»;
j) «non possano detti conduttori ammovere il vino da dentro il cellaro, che in ogn’anno si farà nella massaria sudetta, se prima per essi conduttori non si sarà per intiero pagato al sudetto D. Crescenzo l’annuo estaglio sudetto, quale vino debba in detto cellaro rimanere in specie obligato ed ipotecato a favore del medesimo D. Crescenzo per il pagamento di detto annuo estaglio con amplissimo privilegio di prelazione».
La mia impressione fu che bisognasse avere un pizzico di masochismo per intraprendere una trattativa con Crescenzo.

About Riccardo Gallo
Riccardo Gallo (Roma, 23 settembre 1943) è un ingegnere, economista e docente italiano. Professore alla Sapienza, ha svolto compiti di risanamento del sistema produttivo italiano in ambiti governativi, finanziari, aziendali, riversando e incrociando le competenze acquisite. È stato definito il bastian contrario sia del management pubblico che del privatismo arrogante, estremista di centro. Ha collaborato con Il Sole 24 Ore. Oggi è opinionista de L’Espresso.
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