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La mattina di domenica 19 luglio 1739, quando la levatrice Antonia Arena gli mise tra le braccia quel bimbo appena venuto alla luce, il giovane Crescenzo Gallo fu attraversato probabilmente da un brivido, un misto di emozione e di preoccupata premonizione. Non poteva certo immaginare che, come dimostra il Calendario Gregoriano, alle cinque del pomeriggio del giorno dopo, con il sole ancora splendente nel golfo di Napoli, dall’altra parte della Terra, in Australia, in una mezzanotte d’inverno, la luna avrebbe raggiunto il massimo della sua pienezza e dopo altri cinque minuti sarebbe scomparsa per una eclissi totale. Né Crescenzo poteva immaginare che, forse segnato da quella congiunzione, un secolo dopo il destino patrimoniale degli eredi di quel suo figliolo sarebbe passato dallo splendore del sole alla paura delle tenebre.
La mortalità dei neonati a quei tempi era molto alta, pari al 25 per cento secondo Rossi e Tesolat, perciò ci si premurava di organizzare il battesimo il più presto possibile. Crescenzo andò subito a chiamare don Francesco Mezzacapo, rettore della chiesa di Santa Maria di Tutti i Santi, in via Sant’Antonio Abate a Napoli. All’epoca la strada era larga e sterrata, con una struttura inalterata dal Quattrocento, famosa per il suo mercato giornaliero. Pur conoscendo bene la famiglia, il parroco pose una miriade di domande: chi era Crescenzo? Da dove veniva? Ma chi era nato? E chi era la madre? Era moglie legittima di Crescenzo? E dove abitavano? Tutte queste domande d’altra parte il parroco era obbligato a farle, perché così era stato stabilito dal Concilio di Trento un secolo e mezzo prima. Poi don Francesco promise che sarebbe venuto a casa alle cinque e mezza del pomeriggio, dopo essersi recato a battezzare un altro neonato, Carmine figlio di tal Saverio Bella, e prima di tornare in chiesa per officiare la messa pomeridiana della domenica. La chiesa di Tutti i Santi era la parrocchia dello stesso quartiere dove Crescenzo era andato ad abitare nel 1728, quando diciottenne era arrivato a Napoli assieme ai suoi tre fratelli, dove era rimasto dopo che il più grande di loro s’era sposato nel 1734, e dove anche lui aveva deciso di mettere su famiglia nel giro di pochi anni. Nello stesso 1734 il Regno di Napoli era passato dagli Asburgo d’Austria ai Borbone.
Crescenzo, la moglie Carmina Fenizia e Giuseppe, il loro piccolo primogenito, parteciparono al battesimo celebrato da don Francesco con una trepidazione superiore a quanto li ispirasse il tono sbrigativo di quel parroco sudato, ma trepidavano perché si sentivano confortati dal sentimento di amore connaturato al rito di accoglienza del nuovo venuto nel gregge del Signore, e questo in quanto sia Crescenzo che Carmina erano molto religiosi: lui apparteneva a una famiglia devota ai quattro santi Evangelisti; lei era stata educata con le regole e le convenzioni dell’epoca.
Finita la cerimonia, don Francesco annotò con inchiostro nero la nascita del bambino «il dì diciannove luglio mille settecento trentanove…» nella pagina iniziata quel giorno stesso del Libro XVIII de’ battesimi, sul cui angolo in alto a destra aveva già apposto il numero 70. Precisò che «ostetrica» era stata «Antonia Arena». Il nome imposto al bambino fu «Antonio, Michele Angelo». La virgola dopo Antonio, non tra Michele e Angelo. Una cosa proprio inimmaginabile era che, ventott’anni dopo, quel neonato avrebbe sposato una giovanetta, Catarina Masucci, nata grazie alla medesima ostetrica.

About Riccardo Gallo
Riccardo Gallo (Roma, 23 settembre 1943) è un ingegnere, economista e docente italiano. Professore alla Sapienza, ha svolto compiti di risanamento del sistema produttivo italiano in ambiti governativi, finanziari, aziendali, riversando e incrociando le competenze acquisite. È stato definito il bastian contrario sia del management pubblico che del privatismo arrogante, estremista di centro. Ha collaborato con Il Sole 24 Ore. Oggi è opinionista de L’Espresso.
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