cap 60

Lungo il Settecento continuò il fitto intreccio tra la vita dei Gallo e le vicende politico-sociali di Napoli. Crescenzo impostò la sua vita e il suo successo di pari passo con quello del re di Napoli Carlo di Borbone, fino a quando questi divenne re di Spagna nel 1759 con il titolo di Carlo III; poi Crescenzo ne raccolse i frutti reddituali e patrimoniali finché il Consiglio di Reggenza continuò a promuovere sviluppo economico, sociale, infrastrutturale, culturale di Napoli, sotto la guida fino al 1776 di Bernardo Tanucci, fido e illuminato consigliere di re Carlo; analogamente, Michelangelo visse nel bene e nel male i tempi e le vicende di Ferdinando IV, che nel 1759 a otto anni subentrò al padre sul trono di Napoli e nel 1776 licenziò Tanucci. Ferdinando era cresciuto nei vicoli di Napoli tra gli scugnizzi, non era maturo per fare il re ma in una prima fase, grazie ai consiglieri, realizzò cose importanti nelle attività produttive, economiche, nelle opere pubbliche.
Michelangelo sposò nel 1767 Catarina Masucci. Ferdinando sposò nel 1768 Maria Carolina, una delle varie figlie di Maria Teresa d’Austria, nonché sorella sia di Maria Antonietta regina di Francia, sia di Pietro Leopoldo granduca di Toscana, a sua volta marito di Maria Luisa sorella di Ferdinando IV.
Nei quasi venti anni che intercorsero tra la partenza di Carlo e il licenziamento di Tanucci, la squadra di governo fu rinforzata. Il giovane Gaetano Filangieri, filosofo, storico, giurista, seguace di Vico, Giannone e Montesquieu, scrisse “La Scienza della Legislazione”, pubblicata postuma nel 1780, e fu nel 1777 «gentiluomo di camera» di Ferdinando IV. Negli stessi anni, nel campo degli studi economici, brillava un altro seguace di Vico e Genovesi, l’abate Ferdinando Galiani, la cui famiglia veniva da Lucera, la località in cui operava il fornitore di Crescenzo per i fili d’oro e argento. Galiani nel 1770 pubblicò “Dialoghi sul commercio dei grani” in cui, contro un liberismo indiscriminato, sostenne il carattere relativo delle istituzioni economiche e la necessità di considerare le particolarità sociali, storiche, ambientali dei diversi paesi. Con questa impostazione, l’abate Galiani si contrappose a Carlo Antonio Broggia, coraggioso mercante economista, il quale nel suo Trattato dei tributi del 1743 e anche nella Memoria del 1754 denunciò la piaga dei sistemi fiscali e monetari napoletani e sostenne la necessità di liberare il lavoro, i traffici, le industrie e, in particolare, la tintura della seta dalle oppressioni governative.
Tanucci proseguì l’opera di abolizione del vassallaggio, in particolare nel 1776 quando il Regno di Napoli cessò di essere tributario del pontefice, e portò avanti progetti ambiziosi tra cui la creazione dell’Orto botanico e della Biblioteca borbonica.
Sulla base di un contratto pre-matrimoniale, dopo aver dato un erede maschio a Ferdinando IV, Maria Carolina entrò nel Consiglio di Reggenza, poi denominato Consiglio di Stato; si mise a fare politica più (se non addirittura al posto) del marito re; sostituì Tanucci con Giuseppe Beccaddelli marchese della Sambuca, segnalato da suo fratello Pietro Leopoldo; dopo poco cambiò pure questo e lo sostituì con l’inglese John Acton, anch’egli suggerito da Pietro Leopoldo. A quel punto, dalla Spagna Carlo III gridò allo scandalo per una presunta relazione tra la regina e il consigliere inglese e, per ripicca, Maria Carolina sottrasse il Regno di Napoli all’influenza di Madrid. In piena rivoluzione francese, Napoli si schierò con gli inglesi e con le forze europee conservatrici.
Nel campo dell’Arte della seta, nel 1778 la partenza di Tanucci coincise con il varo di un progetto che lui stesso aveva ispirato: la Real Colonia di S. Leucio, vicino la nuova Reggia di Caserta. Questa specie di scuola professionale in origine aveva lo scopo di insegnare ai giovani di Napoli la tessitura, anche mediante scambi formativi con le fabbriche francesi; poi però finì con farli lavorare stabilmente a S. Leucio nel campo della produzione della seta. Alle maestranze locali si aggiunsero subito artigiani francesi, genovesi, piemontesi e messinesi, attirati dai molti benefici previsti a favore dei lavoratori delle seterie. A questi veniva assegnata una casa all’interno della colonia; per i loro familiari era prevista anche una formazione gratuita, tanto che questa divenne la prima scuola dell’obbligo d’Italia femminile e maschile, estesa alle discipline professionali; le ore giornaliere di lavoro erano undici, meno che nel resto d’Europa dove erano quattordici. Le abitazioni di S. Leucio erano molto moderne, furono progettate tenendo presenti tutte le regole urbanistiche dell’epoca, per far sì che durassero nel tempo, e fin dall’inizio furono dotate di acqua corrente e servizi igienici. Le donne che sposassero un collega interno alla colonia ricevevano dal re una dote, e questa si aggiungeva a quanto spettava loro sulla cassa comune “di carità”, alimentata da un contributo sui redditi di ognuno. Non c’era alcuna differenza di diritti tra gli individui, qualunque fosse il lavoro svolto; c’era parità tra l’uomo e la donna; il sistema era imperniato sulla meritocrazia; la proprietà privata era abolita; l’assistenza agli anziani e agli infermi era garantita; era esaltato il valore della fratellanza.
Secondo alcuni storici, si trattò nell’illuminismo di un esperimento sociale di assoluta avanguardia nel mondo, certamente costosa per le finanze pubbliche, ma un modello di giustizia e di equità sociale raro nel Settecento.
La morte di Crescenzo nel 1785 coincise con lo spostamento del baricentro dell’Arte della seta da Napoli a S. Leucio, cioè da una localizzazione metropolitana a un esperimento di “zoning” come si direbbe oggi; da un tessuto produttivo spontaneo, compenetrato nelle abitazioni, a una zona pianificata di sviluppo industriale esterno alla città; da una struttura fatta di vecchi fondachi a una nuova, razionale, in un centro moderno; da una sorta di distretto di piccole imprese private a una colonia a partecipazione statale.
Insomma una rivoluzione in campo industriale, urbanistico, politico e sociale, anticipatrice (in versione però dirigistica) della pianificazione strategica e urbanistica tentata nella seconda metà del Novecento da alcune democrazie moderne.
Questa trasformazione fu preceduta dalla sperimentazione e prototipazione di nuovi processi produttivi e nuovi prodotti; fu accompagnata da nuovi equilibri nell’organizzazione commerciale della seta a Napoli; fu seguita dal sorgere di un mercato immobiliare per la bonifica e la valorizzazione degli edifici in precedenza destinati ad attività produttiva o commerciale.
La sperimentazione fu realizzata in istituti di educazione delle fanciulle e, in particolare, in due case della Compagnia di Gesù, le quali furono riconvertite dopo che nel 1767 i Gesuiti furono espulsi dal Regno. Un primo esempio fu la scuola nautica di S. Giuseppe a Chiaia che fu dedicata ai poveri; vi si insegnarono varie arti, tra cui la trattura di seta alla piemontese e, nel 1784, con bozzoli sorrentini furono prodotte 745 libbre di seta all’organzino. Un secondo esempio fu la Casa del Carminello al Mercato, destinata all’educazione di 200 fanciulle orfane di età inferiore a 18 anni, che imparavano a tessere «pizzilli e antelaggi», cioè a ricamare merletti di seta sottilissima [60.1]. Nella Casa del Carminello per volere del re fu sperimentato il filatoio ad acqua alla piemontese, in seguito industrializzato a S. Leucio.
Il filatoio ad acqua nella seta fu industrializzato per la prima volta a Racconigi, in provincia di Cuneo. Nel 1708 ogni azienda impiegava da 80 a 300 operai, con una media di 25÷30 addetti per filatoio; le aziende non meccanizzate, con filatoio a mano, avevano un rapporto medio di 12,5 addetti per filatoio, con una produttività inferiore alla metà. Come nell’industria cotoniera, anche nella seta la filatura meccanica progredì nella seconda metà del Settecento fino a rendere del tutto obsoleta quella a mano e a metterla fuori mercato nei primi venti anni dell’Ottocento.
Con il re Borbone lo sviluppo della manifattura si articolò in tre periodi: nel 1776-89 fu attuata la “trattura paesana e all’organzino” e la produzione di veli e stoffe per abbigliamento; nel 1789-99 fu organizzata tecnicamente la produzione di stoffe per abbigliamento e parati; nel 1799-1862 furono sviluppati nuovi tipi di stoffe con la tessitura “alla Jaquard”, in cui il telaio meccanico era azionato da un motore a vapore. Questa tecnica sostituì i “telai al tiro” o “a liccetti” dove il tessitore era coadiuvato da un aiutante (un ragazzo o bambino), che sollevava i licci tirando delle manopole poste su un lato del telaio.
Ricordate Crescenzo nella donazione del 1785? «Li sudetti D. Giuseppe e D. Michelangelo… fin da fanciulli… faticavano in casa su de telari di seta». Ecco, il loro primo lavoro fu sollevare i licci e tirare le manopole poste su un lato del telaio.

About Riccardo Gallo
Riccardo Gallo (Roma, 23 settembre 1943) è un ingegnere, economista e docente italiano. Professore alla Sapienza, ha svolto compiti di risanamento del sistema produttivo italiano in ambiti governativi, finanziari, aziendali, riversando e incrociando le competenze acquisite. È stato definito il bastian contrario sia del management pubblico che del privatismo arrogante, estremista di centro. Ha collaborato con Il Sole 24 Ore. Oggi è opinionista de L’Espresso.
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