cap 79

La giornata del 9 febbraio 1818 Michelangelo la visse come un momento di felicità, addirittura festeggiò, finalmente vendetta era compiuta, si sentiva di nuovo sulla cresta dell’onda. Ma non capì che invece erano state poste le premesse per una cascata di guai e si compiva una tragedia immane; altro che festeggiamenti! Quel 9 febbraio 1818, infatti, presso il notaio Paolo Papaleo di Napoli [79.1], «Regnante Ferdinando I per la grazia di Dio, Re del Regno delle Due Sicilie, e di Gerusalemme, Infante di Spagna, Duca di Parma, Piacenza, Castro, Gran Principe Ereditario di Toscana»:
a) «l’Eccell.mo Principe in nome e parte della Real Casa di Educazione ne’ Miracoli cede, trasferisce e aliena al Sig. Michelangelo Gallo in perpetuo il dominio diretto del Fondo [ex Spena in terra di Cardito, Frattamaggiore] e lo costituisce Procuratore irrevocabile come in casa propria, cedendogli tutte, ivi incluse le migliorie, a qualsivogliano ragioni, da valersene ampiamente su detto Fondo, e contro degli detti enfiteuti Spena, facendosi a sue spese riconoscere per semplice atto di usciere, come signore e padrone.
b) Michelangelo si impegna a pagare in perpetuo 110 ducati lordi di pesi fiscali a beneficio della Real Casa ne’ Miracoli.
c) E a pagarli in casa dell’amministratore cav. Alessandro Pelliccia, in due tranne [napoletanizzazione di tranche] uguali, metà il 31 gennaio e metà il 31 ottobre, in contante effettivo di argento o oro, esclusa moneta di rame e carte bancali. E qualora vi sia aggio, e la legge obbligasse a prendere carte di Banco, comecché depreziate, allora si obbliga a pagar l’aggio a quell’epoca corrente in piazza in contante effettivo nonostante qualsivoglia determinazione, legge, o decisioni opposte, ai quali esso signor Gallo specialmente da ora pienamente ci rinuncia. Comincerà il primo pagamento il dì 31 gennaio corrente anno 1818, giacché ha conteggiato egli col detto signor cavaliere Don Alessandro Pelliccia gli arretrati per tutto il dì 31 ottobre di quest’anno sono ascesi a docati settecentosettanta 770 lordi per 7 annate decorse dalli 15 agosto milleottocentoundici 1811 a tutto li 31 ottobre presente anno e che depurati del quinto a termine di legge, restano netti docati seicentosedici 616 da quali detratti li docati centoventi 120 depositati, da ripigliarseli la detta Real Casa, giusto il citato consenso da prestarsi dal signor Gallo, e le due annate rilasciate per lo compenso di tutte le ingenti spese da Gallo sofferte e da soffrirsi per li lunghi litigj come sopra, che importano docati centosettantasei 176 depurati dal quinto, in uno docati duecentonovantasei 296; gli rimanenti docati trecentoventi 320 compimento dei suddetti docati seicentosedici 616 dovuti per le sette 7 annate di arretrati nette del quinto decorsi da agosto 1811 a tutto ottobre 1817 si è obbligato esso signor Gallo pagarli per mezzo del Banco delle Due Sicilie al cavaliere don Alessandro Pelliccia Amministratore di detta Real Casa, subito ché si sarà ottenuta l’approvazione da Sua Maestà / Dio guardi / sul presente contratto di cui non gli sarà consegnata copia, se non seguito il pagamento dei suddetti docati trecentoventi 320 compimento de’ menzionati docati 616 ed il consenso a pro di detta Real Casa dei docati centoventi 120 depositati presso la Real Cassa di Ammortizzazione.
d) Rinuncia esso signor Gallo per espresso patto a ogni beneficio di purgazione di mora.
e) Sempreché piacerà a detta Real Casa, e suo signor Presidente pro tempore, le sarà lecito di potersi sol però in luogo di più facile esazione, assegnare simile somma di annui docati centodieci 110 pagabili nelle divisate due tanne, e lordi di pesi fiscali sul canone di annui docati duecentodieci 210, che a beneficio di esso signor Gallo si corrisponde da Crescenzo Morra sull’accennata masseria in pertinenza di Posillipo luogo detto Il Passaggio di moggia dieci sette 17 circa: talmentecché in vigore del presente atto sarà lecito alla detta Real Casa fare ordinare al detto Morra, che del canone dovuto sulla detta masseria ne paghi e corrisponda / sempre però intendendosi ciò in luogo di più facile esazione / a beneficio di detta Real Casa i detti annui docati centodieci 110 lordi come sopra, sotto pena di duplicato pagamento nelle tanne, e tempi di sopradescritti.
f) Abolendosi o diminuendosi gli attuali pesi fiscali eccetera…
g) A cauzione dello stabilimento suddetto esso signor Gallo con generale ipoteca sottomette ed obbliga tutti li suoi beni, e con speciale ipoteca il diretto dominio di detta Masseria con casa sita sopra Posillipo, riportata nel ruolo fondiario in testa al censuario Antonio Morra, che nel presente s’inserisce, con facoltà alla detta Real Casa di prenderne la corrispondente iscrizione nell’ufficio della Conservazione delle Ipoteche della Provincia di Napoli, e di notarsi questo contratto al margine dell’Istromento di Censuazione stipulato a 27 gennaio 1787.
h) [seguono clausole di chiusura dell’atto notarile]».
Le trappole in cui Michelangelo cadde, studiate accortamente da Francesco Fusto, avvocato della Real Casa, erano essenzialmente due: innanzitutto la «generale ipoteca… [su] tutti li suoi beni, e con speciale ipoteca [su] il diretto dominio di detta Masseria con casa sita sopra Posillipo»; e poi la «rinuncia… per espresso patto a ogni beneficio di purgazione di mora». Il combinato disposto delle due condizioni avrebbe fatto sì che, al verificarsi di un sia pur minimo ritardo nel pagamento del canone di enfiteusi, la Real Casa avrebbe potuto esercitare la generale ipoteca e quella speciale sul patrimonio immobiliare di Michelangelo! Il quale d’altra parte non era sufficientemente tutelato nei confronti dei creditori dei conti Spena.
Per capire le motivazioni soggettive delle due parti, dobbiamo ricordare che il giorno del rogito, il 9 febbraio 1818, mancavano appena cinque mesi perché Michelangelo compisse 79 anni. Ora, che la Real Casa si tutelasse nel cedere un fondo in enfiteusi a un settantanovenne mi pare legittimo e dal suo punto di vista prudente. Che Michelangelo facesse un investimento gigantesco rischiando tutto il patrimonio immobiliare mi pare un atto sconsiderato, di egoismo nei confronti di figli ed eredi, una follia spiegabile e per nulla giustificabile con il trauma subito dal sequestro della masseria di Capodimonte e con le altre ragioni prima esaminate. L’unico aspetto aggiuntivo da non sottovalutare è che Michelangelo nutriva un sentimento di sudditanza psicologica e sociale verso i Borbone. E infatti la soluzione della vicenda maturò subito dopo il ritorno dei reali a Napoli e dopo la mancata restituzione a Michelangelo della masseria di Capodimonte. In altri termini, i Borbone gabellarono a questo mercante, suddito devoto, la cessione dell’enfiteusi di Frattamaggiore come grande affare e come indennizzo per i torti da lui subìti a opera dei Bonaparte.
Rimane in ogni caso senza risposta il quesito perché mai Michele Ciavarria, il patrocinante di Michelangelo, non lo dissuase e perché tutti i figli con in testa Matteo, mercadante di ragione, non lo interdirono.
Infine, non possiamo non provare un senso di tristezza nel vedere come nel rogito Michelangelo avesse ormai perso ogni titolo di riguardo, perfino quel «proprietario» e quel «don» che finora avevamo trovato.

About Riccardo Gallo
Riccardo Gallo (Roma, 23 settembre 1943) è un ingegnere, economista e docente italiano. Professore alla Sapienza, ha svolto compiti di risanamento del sistema produttivo italiano in ambiti governativi, finanziari, aziendali, riversando e incrociando le competenze acquisite. È stato definito il bastian contrario sia del management pubblico che del privatismo arrogante, estremista di centro. Ha collaborato con Il Sole 24 Ore. Oggi è opinionista de L’Espresso.
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